Il Cammino di Santiago con Tessa
Dialoghi uomo-cane
Quando andavo alle elementari, un anno ho comprato un diario scolastico collegato a una rivista di una casa editrice cattolica (dopo tutto ho fatto le elementari dalle suore). Sull’ultimo numero prima dell’estate avevano annunciato che nel nuovo diario ci sarebbe stato uno speciale sul linguaggio degli animali. Ti avrebbero spiegato TUTTO. E io, che avevo aspirazioni da Dottor Dolittle, ho passato l’estate ad aspettare l’uscita del nuovo diario. Quando finalmente l’ho comprato, ho tolto il cellophane e mi sono lanciata su quelle pagine, assetata di informazioni preziose. E ho trovato qualcosa del tipo: il cane abbaia, il gatto miagola, il maiale grugnisce. Quel giorno non ho imparato niente sul dialogo degli animali ma ho capito che cos’è la pubblicità ingannevole e che se certi libri sono avvolti nel cellophane un motivo c’è.
La lezione sul dialogo uomo-cane l’ho imparata con Tessa, ancor più che con i cani che avevamo quando stavo dai miei, e vivevano in giardino. Tessa non abbaia, ti guarda. E i nostri dialoghi sono per lo più silenziosi. Un cambio di espressione vuol dire tutto. Tessa è un’esperta di mimica facciale. A volte capisce i miei cambi di umore prima che io stessa me ne accorga.
Se vuole uscire, si piazza accanto alla porta, aspetta che la noti. Se vuole salire sul divano – e può farlo solo su un divano in particolare, quando c’è sopra il copridivano – ci si piazza davanti, mi guarda (notare bene che se il copridivano non c’è, lei non ci prova neppure). Tessa se fa qualcosa che non doveva fare, mi fissa con quegli occhioni da Labrador. Tipo oggi. Camminavamo nel bosco e all’improvviso è scomparsa. Di solito torna subito, ma oggi niente. Alla fine ho scoperto che stava mangiando qualche schifezza e beh, lì non sono stata silenziosa. Tessa sa cosa vuol dire quando dico “Cattiva”. O meglio capisce il tono della voce. L’ho rimessa al guinzaglio e abbiamo fatto tutto il percorso per rientrare con lei che camminava affianco a me, e ogni tanto si voltava a guardarmi. Cercava di incrociare il mio sguardo. Io guardavo avanti. La ignoravo. Siamo andate avanti così, come una coppia che ha litigato e non si parla, con il vantaggio che una delle due sapeva di aver sbagliato – e questo tra umani non sempre accade.
Quando facevamo l’addestramento, mi hanno spiegato che se non la guardo negli occhi posso dimostrare la mia leadership e spero che tra la sgridata (tra averle dato una bella sculacciata) e l’averla ignorata, lei abbia capito la lezione. Perché se c’è una cosa che mi terrorizza, è che lei vada a mangiare qualcosa che trova chissà dove, e non è fango o altro, ma veleno. Piuttosto ci facciamo 500 km fino a Santiago con lei al guinzaglio. Ma speriamo non sia necessario.
Max
4th Novembre 2011 at 4:46 pmSilenzi, sguardi e non sguardi che valgono più delle parole 🙂
Slawka G. Scarso
4th Novembre 2011 at 7:42 pmIn Inghilterra si dice “if looks could kill” 😛