Bo e Luke tra Santander e Bilbao
Tra Santander e Bilbao c’è la distanza del Koln Concert di Keith Jarret. Entrando a Bilbao temo in silenzio di perdermi al volante della gigantesca auto a noleggio (citycar? ma quando mai!) ma l’autostrada e i vari raccordi sbucano proprio davanti al Guggenheim, e per non notarlo bisognerebbe guidare a occhi chiusi e pure in quel caso ci si cascherebbe direttamente contro, in un salto stile Hazzard finendo spiaccicati come pongo contro tremila lastre di titanio che riflettono il colore rosato del cielo al tramonto, del sole rosso di sera bel tempo si spera.
Io, per fortuna, gli occhi li tengo ben aperti, e Luke mi suggerisce di girare a destra alla prima traversa e ancora con gli occhi fissi sulla mappa della Lonely Planet non capisce mentre rido. L’albergo è proprio lì: altro che panico per trovare l’indirizzo in una città sconosciuta – abbiamo impiegato appena il tempo di mettere la freccia a destra e far passare un pedone sulle strisce.
Lasciamo le chiavi al facchino come se tutti i giorni i vari uffici del turismo offrissero di coprire simili spese e facciamo il nostro ingresso al Grand Hotel Domine Bilbao, tra poltrone griffate, cascate di piatti e bicchieri, sculture falliche alte 7 piani e ascensori vetrati. La vista sul Guggenheim dalla camera vale il panico di un bagno disegnato da un architetto d’interni voyeur.
A cena, girando per il Casco Viejo alla ricerca di fortuna culinaria scopriamo di essere particolarmente sfortunati e veniamo fagocitati in una trattoria attirati dal suo gusto rustico – con tanto di fotografie di calciatori locali appese dietro il bancone del bar, un bagno che ci si sta come sardine – che si rivela uno spregiudicato esempio di specchietto per allodole turistiche con una serie di piatti dal sapore aglioso o banalmente poco gustoso che però ci dicono tipici.
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