Di ricordi, letteratura underground polacca e di un vecchio opuscolo su Katyn
Che strano periodo questo. La mia seconda esperienza polacca si sta rivelando completamente diversa da quella passata. Ero venuta senza tutti quei sogni romantici che mi avevano accompagnato lungo il viaggio per Cracovia 9 anni fa, ma forse questa esperienza si sta rivelando ancora più intensa, emotivamente.
Non c’è giorno in cui non capiti una piccola cosa, non veda un piccolo particolare, non ascolti una parola o un suono, che mi commuova alle lacrime. Durante la gita sui monti Tatra, passando accanto ai piccoli paesini della Polonia rurale. Oppure al concerto per pianoforte a cui ho assistito ieri sera ( finendo in lacrime sulla Polonaise n.53 di Chopin). O ancora quando ci siamo messi a cantare alcuni canti tradizionali a lezione. O ancora quando ieri, durante la lezione di letteratura la professoressa ha fatto girare un opuscolo illegale (all’epoca in cui era stato stampato) che parlava di Katyn.
La storia di Katyn è controversa e sconosciuta ai più per motivi molto semplici: per 50 anni i russi hanno negato di avere nulla a che fare con Katyn, dicendo che era tutta colpa dei tedeschi. Nel 1940, in una zona che ora se non erro dovrebbe essere Bielorussia, l’esercito russo ha ucciso alcune migliaia di polacchi, rappresentanti dell’intelligentia polacca. Un genocidio per mano russa fatto con l’intenzione di eliminare la classe dirigente polacca e quindi annichilire la nazione polacca. Qui sono morti il mio bisnonno, padre di mia nonna, e anche altri parenti di mia nonna. Qui sarebbe dovuto morire anche mio nonno ma miracolosamente ha fatto parte di quei 120 appena che si sono salvati.
Per 50 anni i russi hanno detto che erano stati i tedeschi, i colpevoli di Katyn. Durante questo massacro avevano infatti utilizzato armi tedesche acquistate tempo prima – durante un periodo di alleanza tra i due paesi – e sulla base di queste armi avevano continuato a dire che erano stati i tedeschi.
In Polonia, ai tempi del regime sovietico, Katyn non si poteva neppure menzionare, così pubblicazioni come quella che mi è passata tra le mani ieri erano pericolosamente illegali. E mio nonno, in quanto testimone oculare, era un “personaggio scomodo”. Per questo, dopo la guerra, sarà venuto in Polonia giusto un paio di volte, non di più.
Ora mio nonno non c’è più, e in ogni luogo, qui, sento una nostalgia assurda. Vedo posti che lui magari non ha neppure visto, o dove comunque non è passato per decenni e decenni e decenni, eppure tutto qui mi sembra carico di questa mancanza. Non so proprio come spiegarlo.
Nella foto un’immagina scattata durante l’intervallo del concerto dell’altra sera.
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