Prosze pani
Tanto per cambiare l’arrivo a Cracovia è stato alienante. Tempo tre secondi e ho dovuto mettere all’opera il poco polacco conosciuto. “Prosze pani [mi scusi signora], da che parte vado? La stazione degli autobus è da una parte, il centro città è dalla parte opposta. Ma è possibile che non c’è neppure un ufficio di informazioni turistiche dentro alla stazione centrale? Solo tanti chioschi di ostelli, e se ti azzardi a dire che il posto per dormire già ce l’hai, le ragazze non ti calcolano più, mentre l’unico ragazzo “ostellaro” che ho incontrato è stato più che gentile. (!!!)
Come la prima volta che sono venuta qui, nove anni fa, appena arrivata mi sono sentita completamente persa. Nessuno che ti sapesse dire che autobus prendere. Nove anni fa, avevo, guarda caso, rimediato un passaggio sul pulmino di uno degli ostelli. Anche allora erano quelli gli unici, veri punti di riferimento.
Dopo chilometri e chilometri a piedi, con in spalla uno zaino da 50 litri e 11 chili, uno zainetto a mo’ di marsupio e in mano la borsa del computer, sono finalmente arrivata alla fermata del tram, quella giusta. Biglietto in mano e tutto il resto. Tram n. 4, 6 fermate come aveva consigliato una signora (Prosze pani), e poi ancora un pezzo a piedi, chiedendo, di quando in quando, una rassicurazione del fatto che la strada fosse quella giusta (Prosze pani).
Alla fine, “Prosze pani” l’avrò detto una decina di volte in un’oretta appena.
Finalmente, alle 6,30 pm sono arrivata a Piast, il dormitorio studentesco dove passerò le prossime 3 settimane.
La prossima volta (se ci sarà), prendo il taxi.
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