Slawka G. Scarso

Short stories, poems and the odd travel note // Racconti, poesie, e qualche appunto di viaggio

Con o senza rima

I give you no potato

Ispirato a un fatto realmente accaduto
Entro in un café a due passi dall’università di Londra. Me l’ha segnalato mio fratello.
“Non ti puoi sbagliare. Ha l’insegna rossa e si chiama E-roma – credo che abbiano un po’ di problemi con lo spelling”.

Fuori c’è parecchia polizia. Stasera gioca la squadra locale a due passi da qui, e anche se per la squadra si tratta di un’amichevole, i tifosi sono agguerriti come se si trattasse di una finale di campionato. Dentro invece ci sono solo studenti e profumo di tisana Twinings Echinacea & Raspberry. Mi avvicino al bancone dove sono esposte salse e insalatine di tutti i tipi: tanta maionese, chili di spezie, tonnellate di aglio. In effetti i titolari sembrano essere arrivati a Londra appena ieri.

Comincio a guardare sul tabellone dei piatti a disposizione, e un misto di freddo e nostalgia mi spingono a chiedere una jacket patato fumante, una di quelle patate fatte arrosto, spaccate in due e poi riempite, nel mio caso, di pollo e mais.

Mi siedo a un tavolino accanto alla porta. È l’unico libero. Tiro fuori il mio libro e alterno la lettura di Coetzee alla chiusura della porta che nessuno si degna di chiudere bene dietro di sé. Intanto il tipo che sta al bancone tira fuori una gigantesca patata evidentemente precotta e procede alla sua farcitura per poi passarla nel forno. Continuo a leggere e a chiudere la porta. Dopo qualche minuto il tipo si avvicina al mio tavolo. Istintivamente prima lo guardo in viso, poi abbasso lo sguardo e mi rendo conto che è arrivato a mani vuote.

“I give you no patato”, dice.
Rispondo con uno sguardo interrogativo. Lui ripete:
“I give you no patato.”
La frase l’ho capita, penso. Non capisco però perchè, e allora gli chiedo spiegazioni.
“Potato no good. I give you no patato.”
Insomma, la patata è andata a male, così mi offre di scegliere fra una moltitudine di panini, ciabatta, toast, pane bianco, pane integrale, tutto ciò che voglio. Scelgo il mio panino tostato che arriva dopo pochi minuti, circondato da quattro assaggi di insalate. Mangio e leggo. E ogni tanto chiudo la porta.

Epilogo
Sono circa due giorni che sono bloccata a casa. Letto bagno, bagno letto.
Evidentemente “potato no good”, ma neppure il panino.

4 Comments

  1. zop

    27th Novembre 2006 at 3:42 pm

    poteva andare peggio… lì a londra nei sushi bar ti servono la patata al polonio 210: http://www.corriere.it/Primo_Piano/Esteri/2006/11_Novembre/26/santevecchi.shtml

  2. Slawka G. Scarso

    27th Novembre 2006 at 4:06 pm

    E credi che non ci ho pensato?
    Piuttosto che diventare un personaggio secondario in una intricata spystory molto meglio inventarsene una di sana pianta. Magari da postare…

  3. Vale

    5th Dicembre 2006 at 10:12 am

    … Ti racconto invece la mia…non è finita in una passeggiata continua dal letto al bagno e dal bagno al letto, ma con una domanda che sempre più spesso “sorge spontanea”: ma l’attenzione al cliente dove è finita!?!?!?
    Venerdì sera, Albano Laziale (RM), corso principale, pasticceria che da poco ha cambiato gestione…
    Torno trafelata dal lavoro, sono le nove, ho persone a cena e tutte le pasticcerie di Albano sembrano essersi messe d’accordo: tutte chiuse…tranne lei! Mi dico: “proviamo”, la vecchia gestione faceva dei dolci niente male, aveva anche parecchia scelta, ormai era tardissimo e mi dovevo affidare alla provvidenza. Parcheggio, entro. Al suono della mia voce che diceva “Buona sera” alcuna risposta. La commessa era intenta a scherzare con dei ragazzi che, a quanto ho capito, avevano appena finito di consumare un cappuccino. Paziente aspetto il mio turno guardandomi un pò intorno, iniziando mentalmente a fare una scelta delle pastarelline presenti. L’aspetto non era dei migliori, ma il gioco, ormai, era fatto. Finalemnte la commessa, forse pensando che avevo aspettato abbastanza, decide di darmi udienza, lascia i due ragazzi sul bancone e mi si avvicina chiedendomi cosa desideravo. Le rispondo “15 pastarelline”. Lei si volta, prende un vassoio decisamente grande per 15 pastarelline ed inizia ad appoggiarvi sopra quelle che man mano le indicavo. Cambia la canzone che la radio in sottofondo trasmetteva, lei lascia tutto e va ad alzare il volume, lo alza molto! Faccio ancora finta di nulla, anche se, ormai, diventava anche difficile comunicare con lei: semplicemente non sentiva le mie indicazioni. Finalmente prende l’ultima pastarellina, impugna il vassoio e lo pone sulla bilancia, fa un calcolo con la calcolatrice e mi dice quanto devo pagare, intanto inizia ad incartare il tutto. Io un pò interdetta le faccio notare che sulla bilancia non era riportata la tara e che mi stava facendo pagare l’enorme vassoio al prezzo delle pastarelline: 13,50€ al kg (prezzo promozionale, ovviamente!). Lei con infinita naturalezza mi risponde che ero la prima persona che glielo facevo notare, che ha sempre fatto così e che se volevo le mie pastarelline il prezzo era quello che mi aveva indicato. Non potendone più ed essendo ormai tardi per andare da qualsiasi altra parte mi sono presa il mio enorme vassoio e sono uscita dicendo tra me e me che non sarei più tornata lì… sulla bontà delle pastarelline… lasciamo stare… non erano fresche!

  4. Slawka G. Scarso

    6th Dicembre 2006 at 10:01 am

    @ Vale… caspita! E poi ci si lamenta del customer care delle compagnie telefoniche! 😉

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