Degni di nota, Il vino in italia, vigneti e cantine
Due passi nel parco letterario dedicato a Ungaretti, in mezzo ai vigneti
Il vino è il canto della terra verso il cielo, diceva Veronelli. Il vino è poesia. E a me piace andare a scovarla, quella poesia, più che nel vino, nelle persone che quel vino lo fanno, quelle per cui quel vino è attività di tutti i giorni, e in tutto quello che c’è attorno. Così, quando la settimana scorsa, appena atterrata in Friuli, Fabiana Romanutti di Quanto Basta mi ha proposto di fare un salto a visitare il parco letterario dedicato a Giuseppe Ungaretti, in mezzo ai vigneti dell’azienda Castelvecchio, che tanto era di strada, ho accettato al volo.
Il parco letterario è stato inaugurato l’anno passato e curato dagli Amici di Castelnuovo, un’associazione culturale della zona. Il fatto è che all’interno della tenuta di Castelvecchio è presente una villa che durante la prima guerra mondiale fu utilizzata come punto di smistamento e ricovero delle truppe, un piccolo ospedale di guerra all’interno delle mura cinquecentesche – al piano terra, sulle pareti, ci sono ancora i graffiti incisi dei soldati qui ricoverati. La villa è stata poi ricostruita negli anni Venti perché drammaticamente danneggiata e il parco è oggi aperto dal martedì al venerdì dalle 14 alle 18 e il sabato e la domenica dalle 10 alle 18.
E’ un classico giardino all’italiana, circondato da vigneti – un unico grande accorpamento su un versante del parco- e dagli olivi che ora si trovano dove un tempo c’era il vecchio presidio militare. All’interno però sono state inserite, su progetto dell’architetto Paolo Bornello, delle installazioni moderne che riprendono con attenzione alcuni elementi della guerra e soprattutto includono, incise, le parole di Ungaretti. Perché è proprio qui, nelle trincee del Carso di Sagrado che Ungaretti scrisse la sua prima raccolta di poesie, “Il porto Sepolto”. C’è il Sacrario, una specie di labirinto di pali di legno alti più di sei metri, e su due di queste si poggia una lastra di acciaio arrugginito su cui sono state incise le poesie di Ungaretti, c’è poi il Recinto Sacro, fatto di pietre del Carso su cui, anche in questo caso, sono incisi i versi ermetici del poeta. E poi c’è la torre, che guarda la valle dell’Isonzo e riporta, su una lastra di vetro, altri versi ancora. Dovunque c’è l’immediatezza di quei versi incisi che richiama quell’abitudine che prese Ungaretti di riportare le sue parole su ogni pezzettino di carta disponibile, dovunque c’è l’essenzialità. Quando sono andata non c’era nessuno: solo sole e silenzio, e il rumore dei passi sui sassolini nei vialetti. Non credo che sia molto differente in altri momenti, quando magari nel fine settimana arrivano più visitatori. Certi posti hanno in sé una sacralità, appena vi entri percepisci qualcosa di diverso, la voce si abbassa senza che tu te ne renda neppure conto.
Chiudo con una poesia di Ungaretti che nella sua drammaticità si riallaccia alla vita. E a quel senso di continuità che la natura – e quindi anche la vite – riescono a dare. Malgrado tutto.
Veglia
Cima Quattro, il 23 dicembre 1915
Giuseppe Ungaretti
Un’intera nottata
buttato vicino
a un compagno
massacrato
con la sua bocca
digrignata
volta al plenilunio
con la congestione
delle sue mani
penetrata
nel mio silenzio
ho scritto
lettere piene d’amore
Non sono mai stato
tanto
attaccato alla vita.
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Arturo
2nd Marzo 2012 at 7:41 pmEcco, questo è un bel commento ad un posto speciale. E’ bello sapere che esistono luoghi dove si respira qualcosa di vero, lasciato da parole che non
passano e se le parole sono di Ungaretti, il risultato deve essere davvero unico.
P.S. sto leggendo “Il vino in Italia”, ma a piccoli sorsi, come penso vada fatto e il vino di questo libro è veramente gradevole. Complimenti.
Slawka G. Scarso
5th Marzo 2012 at 11:59 amGrazie mille Arturo, il parco letterario è davvero bellissimo, una tappa da consigliare durante un viaggio in Friuli.
Buona lettura – sono felice che “Il vino in Italia” ti stia piacendo!