Slawka G. Scarso

Short stories, poems and the odd travel note // Racconti, poesie, e qualche appunto di viaggio

Il Cammino di Santiago con Tessa, microracconti

Il vulcano si sbriciola

Nel bosco non cammino mai con il lettore mp3. Già senza ascoltare musica certe volte non riesci a sentire i ciclisti che ti arrivano alle spalle come frecce, figuriamoci se avessi le cuffiette. Poi anche se nel bosco c’è sempre gente, anche se dopo qualche tempo finisce che conosci tutti, preferisco essere sempre pronta per ogni evenienza. Il bosco ha i suoi rumori, che cambiano col passare delle stagioni, ma sono quelli suoi: li riconosci. Il problema è che ogni tanto ci sono rumori che non vorresti sentire mai.

Stamattina mentre con Tessa rientravamo verso la macchina, ma eravamo ancora ben lontane dai cancelli, abbiamo sentito un suono. Lei ha alzato lo sguardo in alto, subito. Io pure. Era il suono di rami che si spaccano, rami pesanti, e fronde che scendono giù. Lì per lì ho pensato che stessero tagliando qualcosa – magari qualche albero già pericolante – dopo la pioggia capita che ne venga giù qualcuno. Mi aspettavo di sentire delle voci. Poi però ho sentito un tonfo, e appresso a quello un altro ancora, e ancora rami che si spezzavano, e fronde verdi piene di primavera che venivano giù. E il tonfo che si ripeteva. Ho urlato a Tessa che era pochi metri davanti a me Corri, Tessa, corri! Avrei dovuto controllare bene, per capire se magari era meglio proseguire o tornare indietro, ma il fatto è che sul momento tu scappi e basta. Così dietro a Tessa correvo anch’io, buttando appena uno sguardo a sinistra, su per il costone che in quel punto scendeva a strapiombo, pochi alberi tra la roccia e il sentiero.

Non so quanti massi se ne siano venuti giù, stamattina. Di solito ne trovi qualcuno già sul sentiero. Capitare sotto, mentre scendevano, non mi era mai successo ma il fatto è che il vulcano si sbriciola, pare sia normale, così almeno mi diceva anni fa un geologo durante una visita guidata. Il vulcano si sbriciola e oggi le mie ginocchia invece s’erano fatte tipo gelatina. Un senso di spossatezza che neanche dopo 20 chilometri a piedi con lo zaino. E per un attimo mi sono sentita un po’ così, ma senza cappello.

4 Comments

  1. Daniele

    19th Aprile 2012 at 3:25 pm

    Miseriaccia….sono felice di leggere questo post emotivamente coinvolgente quindi!

    Solidarietà

  2. Daniela @Senza_Panna

    19th Aprile 2012 at 6:16 pm

    il geologo aveva ragione, ma la cosa non si limita ai vulcani. Qualunque cosa si trovi sulla Terra è sottoposta principalmente alla forza di gravità che l’attira verso il centro pe r cui tutte le montagne sono struture effimere che in tempi più o meno lunghi sono destinate ad essere erose. Noi vediamo la “frana” come un evento catastrofico, in realtà è naturale ed avviene continuamente con tempi ed a scala diversi.
    Non so se mi sono spiegata 🙂
    E comunque il tuo racconto anche se con toni drammatici è davvero bello e rende perfettamente l’idea.

  3. Slawka G. Scarso

    19th Aprile 2012 at 6:20 pm

    Daniele, grazie mille del pensiero!
    Daniela, grazie anche a te per il parere tecnico. In effetti hai ragione: il cambiamento è naturale, in tutto, anche nelle montagne (che siano vulcani o meno). Solo ce ne dimentichiamo… Io però per un po’ di tempo mi sa che cambio giro e vado nel punto dove lo spazio tra costone, sentiero e lago è un po’ più esteso… 😉

  4. Arturo

    19th Aprile 2012 at 10:55 pm

    Dai, grande paura, ma lieto fine .. . 🙂

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